L’intervento trasforma un rudere esistente in un edificio abitabile attraverso l’inserimento di una nuova cortina muraria che funge da interfaccia con lo spazio urbano. Un alto muro divisorio, che supera gli 11 metri di altezza, agisce come una "doppia pelle", separando nettamente l’interno definito e protetto dall’esterno indeterminato. Questa barriera non è un semplice recinto, ma un elemento architettonico che ridefinisce il rapporto tra vecchio e nuovo, tra chiusura e apertura. La nuova facciata su strada, pur nella sua essenzialità, dialoga con la preesistenza, creando un contrasto tra la matericità grezza del rudere e la precisione geometrica della cortina contemporanea. All’interno, gli spazi si organizzano attorno a questa dualità, sfruttando il muro divisorio come elemento di protezione e al tempo stesso come dispositivo di relazione filtrata con il contesto.
The project regenerates an existing ruin into a habitable building by adding a new masonry curtain that serves as an urban interface. A towering partition wall, over 11 meters high, acts as a "double skin," sharply separating the controlled interior from the undefined exterior. This barrier is not just an enclosure but an architectural statement that renegotiates the relationship between old and new, between seclusion and connection. The new street-facing façade, while minimalist, engages in dialogue with the ruin, creating a tactile contrast between rough heritage textures and precise contemporary geometries. Inside, spaces revolve around this duality, using the dividing wall both as protective shield and as a filter mediating the building's relationship with its surroundings.